L'equipe che si prende cura dei ragazzi, oltre alla presenza costante degli educatori, è composta da uno psicologo, uno psichiatra e un'assistente sociale.
nella foto: L’equipe che si prende cura dei ragazzi, oltre alla presenza costante degli educatori, è composta da uno psicologo, uno psichiatra e un’assistente sociale.
26 marzo 2014

Disabilità, l'assistenza secondo gli operatori del "Civico 130" di Caprarola

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Le attività quotidiane, il rapporto con gli ospiti, le difficoltà e le soddisfazioni di chi ha scelto di svolgere un mestiere non facile, attraverso il racconto degli educatori della casa-famiglia nata dalla collaborazione tra Ausl e Comune

«Dopo la laurea una delle mie prime esperienze lavorative è stata quella di assistere un paziente a domicilio. Un primo approccio molto utile nel mio percorso formativo. Mi sono resa conto di aver scelto una strada non facile e che, se volevo dare un contributo reale, dovevo impegnarmi profondamente». A parlare è Federica Ranieri, educatrice all’interno della casa-famiglia per utenti disabili del “Civico 130” di Caprarola.

Una professione che richiede profonda dedizione, tutti i giorni a tutte le ore. Il progetto avviato da un mese grazie al contributo di Regione, Ausl e Comune, è quello di pianificare un percorso socio-riabilitativo per sette ospiti disabili adulti provenienti dai cinque distretti della provincia di Viterbo.

«Ogni sera stabiliamo i compiti dei ragazzi per il giorno seguente – spiega Eleonora Pecorelli, anche lei educatrice all’interno della casa-famiglia -. Le attività cominciano alle 7 del mattino con la cura dell’igiene personale e la pulizia degli ambienti comuni. Con loro prepariamo la colazione, facciamo la spesa, cuciniamo pranzo e cena. Dividiamo i ragazzi in gruppi in modo che possano collaborare tutti ed essere partecipi alle attività».

L’equipe che si prende cura dei ragazzi, oltre alla presenza costante degli educatori, è composta da uno psicologo, uno psichiatra e un’assistente sociale.

«Il mercoledì – spiega Eleonora - è il giorno in cui ci riuniamo tutti quanti per analizzare le problematiche venutesi a creare nel corso della settimana. Concordiamo sempre le varie uscite, sia quelle giornaliere che quelle con i parenti».

A distanza di un mese dall’avvio delle attività, i ragazzi hanno superato la naturale fase di ambientamento e collaborano attivamente con gli operatori.

«Abbiamo cominciato a capire chi ha più bisogno e chi invece può procedere con maggiore autonomia - continua Eleonora -. Ad esempio, andando a fare la spesa, sono i ragazzi a richiedere al negoziante tutto quello di cui c’è bisogno. Anche tra loro si aiutano a vicenda, chi è un po’ più abile supporta chi è più svantaggiato».

«Penso che per svolgere questa professione ci voglia molta pazienza – confessa Federica -. L’importante è non portare al lavoro i propri problemi personali. Nella mia esperienza ho capito che quello che si riceve dai ragazzi è maggiore di quello che possiamo donargli. Non posso far altro che ringraziarli per quello che ci trasmettono. Quando te ne rendi conto, tutta la fatica viene ripagata in un istante».