Simona, scopre nel 1990 di essere malata di diabete. Ora è infermiera nello stesso centro diabetologico che l'aveva presa in cura.
nella foto: Simona, scopre nel 1990 di essere malata di diabete. Ora è infermiera nello stesso centro diabetologico che l'aveva presa in cura.
20 novembre 2013

«Il diabete mi aiuta a capire le persone che curo»

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Alessandra ha scoperto di dover convivere per sempre con la malattia quando aveva 13 anni. Simona, prima paziente del Centro diabetologico di Viterbo, adesso lavora per assistere chi soffre della stessa patologia

Alessandra ha 22 anni, ha il diabete da quando ne aveva 13. «Ricordo soltanto di aver avuto una crisi improvvisa molto forte e il viaggio in ospedale. Sono rimasta ricoverata per dieci giorni senza capire cosa mi stesse succedendo. Poi i medici mi hanno spiegato ogni cosa. Fortunatamente non ci sono state ripercussioni e una volta uscita, al Centro diabetologico della Ausl di Viterbo si sono presi cura di me».

Alessandra è solo una delle pazienti del Centro della Cittadella della Salute di via Enrico Fermi. La sua, come per gli altri assistiti, è una storia di coraggio: si può solo cercare di immaginare con quale forza dirompente possa entrare nella vita di un bambino, o di un adolescente, una malattia che condiziona le sue abitudini, i suoi ritmi. Il diabete è una di queste patologie.

C’è chi poi ha utilizzato la malattia come forza propulsiva per aiutare gli altri. Simona, 34 anni, ricorda quel giorno di settembre del 1990 in cui la mamma si accorse dei primi sintomi del diabete che la figlia stava manifestando. Dice di non aver sofferto troppo delle ripercussioni della malattia, almeno non quanto ne hanno risentito i genitori. Un velo di emozione, però, le incrina non di poco la voce.

«Il diabete è una malattia con cui si deve convivere. L’accettiamo e andiamo avanti», racconta Simona, che nel frattempo è diventata infermiera presso lo stesso centro diabetologico che l’ha presa in cura tanti anni fa.

«Anche ora che lavoro qua, continuo ad essere una paziente prima di tutto. Per questo - racconta - spero di poter dare qualcosa in più a tutte le persone con cui condivido la stessa esperienza a livello di malattia. Ci sono delle occasioni in cui quando mi ritrovo davanti ai pazienti, rivivo tutto quello che mi è capitato, so cosa stanno provando e faccio di tutto per aiutarli come meglio posso».