A Belcolle la lotta al cancro passa per le staminali
Grazie ad un apposito fattore di crescita è possibile utilizzare le cellule staminali presenti nel sangue per combattere le malattie tumorali. Guitarrini, centro trasfusionale Ausl di Belcolle: «In questo modo si evitano interventi diretti al midollo»
Cellule staminali autoprodotte dal paziente per curare malattie dall’esito potenzialmente letale come linfomi e mielomi. Una terapia che non prevede una procedura di trapianto di midollo osseo, ma bensì la stimolazione, la crescita e il successivo prelievo delle staminali all’interno del canale del sangue periferico. Nel centro trasfusionale Ausl dell’ospedale di Belcolle ci si occupa della raccolta e conservazione di materiale cellulare per ridare speranza a chi affronta la battaglia personale più grande.
«Il processo di staminoaferesi – spiega Maria Rita Guitarrini, medico dell’unità, specializzato nel trattamento delle staminali – comporta la donazione delle cellule, normalmente presenti in minima quantità nel sangue periferico. Per raccoglierle vengono somministrate al donatore dosi di un fattore di crescita che induce la moltiplicazione delle staminali nel midollo osseo e ne facilita il passaggio nel sangue periferico, dove raggiungono quantità sufficienti per essere prelevate».
Durante una prima fase il paziente viene sottoposto ad un ciclo chemioterapico indispensabile per purificare il midollo dalle cellule tumorali presenti. Solo successivamente l’equipe del centro trasfusionale di Belcolle può, dopo aver esaminato il caso specifico, stabilire una data per fissare la raccolta delle cellule.
«Naturalmente il prelievo – spiega Guitarrini – viene effettuato in collaborazione con l’unità di ematologia che segue i pazienti dal punto di vista clinico. Noi veniamo contattati qualora il paziente possieda i requisiti per essere arruolato nella procedura di staminoaferesi. Se il quantitativo di cellule raggiunge un livello di 20 microlitri, si può procedere».
Dopo la fase di chemio, quindi, si passa alla separazione cellulare tramite apposite centrifughe che estraggono le staminali dal donatore.
«Il paziente – continua Guitarrini - deve rimanere collegato alla macchina per circa sei ore al giorno. Normalmente per avere un quantitativo sufficiente per effettuare un trapianto di circa 10-15 milioni di staminali, occorrono dalle due alle tre giornate di terapia».
Una volta raccolte, le cellule vengono conservate in ozono prima di essere reimpiantate nel donatore per poter proseguire la terapia contro il tumore.
«In questo modo – conclude Guitarrini - si evita ai pazienti l’intervento diretto sul midollo con vantaggi significativi legati al più rapido attecchimento delle cellule staminali periferiche rispetto a quelle midollari».